Potrebbe sembrare una trovata da blockbuster, di quelle che ti fanno stringere i braccioli al cinema. Invece è tutto vero, ed è successo a Castle Rock, cittadina del Colorado. Una Chevrolet Corvette C3, color marrone metallizzato, ha finito la sua corsa sotto un guardrail, incastrata in modo così assurdo da far sembrare la scena costruita al computer.
L’impatto è stato violentissimo: il cofano sventrato, il parabrezza in frantumi e l’abitacolo deformato come una lattina schiacciata. Eppure, incredibile a dirsi, il conducente non ha riportato nemmeno un graffio. È uscito sulle sue gambe, sotto lo sguardo incredulo di chi era accorso sul posto.
Un caso al limite
Secondo le prime ricostruzioni, l’auto avrebbe perso aderenza finendo proprio sotto la barriera d’acciaio, che si è infilata nell’abitacolo passando a pochi centimetri dalla testa del guidatore. Le cause? Ancora da chiarire: forse un malfunzionamento, forse una manovra sbagliata. Ma è chiaro che una serie di incastri fortunatissimi ha scongiurato il peggio.
Bastava poco – un’angolazione diversa, una velocità leggermente più alta – e il finale sarebbe stato tragico. Stavolta, però, il destino ha fortunatamente deciso altrimenti. Una manciata di centimetri ha fatto la differenza tra una notizia da brivido e un bollettino nero.
Per tirare fuori l’uomo intrappolato, è servito il lavoro paziente dei vigili del fuoco: hanno tagliato via il tetto della vettura e sollevato con attenzione il guardrail, attraversante l’auto come una lama. All’interno, tra i sedili devastati, solo due oggetti rimasti intatti: un lenzuolo e un pallone da basket. Dettagli che, da soli, bastano a raccontare la tensione del momento. Il pallone, in particolare, si trovava proprio dove avrebbe potuto esserci la testa del guidatore.
Una sportiva d’altri tempi
Chi conosce le Corvette sa che la C3, prodotta tra fine anni Sessanta e inizio Ottanta, è un modello amatissimo dai fan per il suo stile aggressivo e il sound dei suoi motori V8. Ma è anche una vettura figlia di un’epoca dove la sicurezza era un concetto molto meno consolidato rispetto a oggi, e parole come ADAS e sistemi di sicurezza attivi esulavano dal linguaggio comune.
Niente airbag, niente elettronica, nessuna zona di assorbimento studiata. Solo metallo, muscoli e prestazioni. Il mezzo dell’incidente, stando alle ipotesi, poteva montare uno dei propulsori più corposi dell’epoca: un V8 da oltre 7 litri, capace di spingere con forza ma difficile da domare in certe situazioni. In mano giusta era un mostro da strada, in mano sbagliata un rischio, lontana parente della E-Ray da poco approdata in Italia.
Tra paura e sollievo
Il conducente, il cui nome rimane celato nel mistero, se l’è cavata senza ferite. Trasportato in ospedale per accertamenti, è uscito illeso, lasciando sotto shock anche i soccorritori, che si aspettavano ben altro una volta aperta l’auto.
E, pertanto, una tragedia possibile è diventata una storia da raccontare. Una da pelle d’oca, fonte di stupore e sollievo. Perché quando tutto sembra scritto, e il finale pare inevitabile, in certe occasioni la realtà decide di sorprenderci. E in un mondo in cui spesso si raccontano solo le disgrazie, episodi del genere ricordano che di tanto in tanto – per qualche misteriosa ragione – va tutto nel verso giusto. Anche oltre le previsioni.