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Parco auto Italia, crescita continua e sempre più datato: aumenta il divario con l’Europa

Aumenta il numero di auto in Italia. Ma un dato allarma: il parco circolante invecchia. Secondo il Book Unrae 2024, oggi circolano 40,57 milioni di veicoli, con un incremento dell’1,3% rispetto allo scorso anno. E il vero campanello d’allarme lo fa suonare l’età media, salita a 12,8 anni. Nel 2009 era sotto gli 8 anni. Un problema che pesa su sicurezza, inquinamento e costi di gestione. Le vetture datate consumano di più, inquinano di più e, in caso di incidente, offrono meno protezione.

Le strade italiane sono ancora piene di mezzi obsoleti. Oggi 8,8 milioni di esemplari hanno oltre 18 anni e sono precedenti alla normativa Euro 4. Tradotto: “bevono” tanto e rispettano standard ambientali ormai superati. Un piccolo miglioramento c’è stato: nel 2023 la loro percentuale era del 23,2%, oggi è scesa al 21,8%. Ma è un calo troppo lento per fare davvero la differenza.

Auto elettriche: ancora troppo poche

Nel frattempo, la svolta green avanza a passo di lumaca. Benzina e diesel restano l’83% del parco auto, in calo rispetto all’84,8% dello scorso anno. Le ibride stanno guadagnando terreno, ora sono al 6,8%, mentre le GPL si attestano al 6,7%. Anche le elettriche e le plug-in fanno un passo avanti, raggiungendo quota 568.000 unità.

Un numero che cresce rispetto alle 462.000 dell’anno scorso, ma resta ancora poco incisivo: parliamo appena dell’1,4% del totale. Troppo poco per parlare di una vera rivoluzione verde. Altrove, il passaggio ai veicoli a basse emissioni è già una realtà. Da noi, invece, il divario aumenta. Le nuove immatricolazioni italiane registrano 119,1 g/km di CO2, un dato che ci tiene ancora lontani dalla media europea di 107,8 g/km.

E guardando il settore elettrico, il confronto si fa ancora più duro. In Italia, elettriche e ibride plug-in rappresentano appena il 7,6% del totale. In Spagna la quota sale all’11,4%, mentre Francia, Germania e Regno Unito corrono su altri numeri: 25,4, 20,3 e 28,2%. Qui il problema non è il reddito medio. Paesi con un PIL più basso fanno meglio. Il vero ostacolo sta altrove: incentivi inefficaci, infrastrutture di ricarica insufficienti e una comunicazione poco chiara sul futuro dell’elettrico.

“Per ac­ce­le­ra­re la tran­si­zio­ne ener­ge­ti­ca, al­la lu­ce dei fat­to­ri che ne cau­sa­no il for­te ri­tar­do, UN­RAE – spiega l’associazione in una nota – con­ti­nua, per­tan­to, a ri­ba­di­re l’ur­gen­za di un pia­no plu­rien­na­le di so­ste­gno al­la do­man­da di vei­co­li a ze­ro o bas­sis­si­me emis­sio­ni, di po­li­ti­che per lo svi­lup­po di in­fra­strut­tu­re di ri­ca­ri­ca elet­tri­ca e di ri­for­ni­men­to di idro­ge­no, di una ri­for­ma del re­gi­me fi­sca­le del­le au­to azien­da­li, in ter­mi­ni di de­du­ci­bi­li­tà, de­trai­bi­li­tà e am­mor­ta­men­to”.

L’Italia arranca mentre l’Europa accelera

E l’atteggiamento delle aziende non aiuta. Nel resto d’Europa sono loro a fare da traino, a rinnovare il mercato, a mettere in strada mezzi più moderni. In Italia, no. Qui il meccanismo si è inceppato. Gli imprenditori evitano di adeguarsi al cambiamento. O meglio, lo fanno molto meno rispetto agli altri Paesi. Perché? Perché non conviene. Comprare una vettura nuova costa, gli incentivi sono inefficaci e il fisco non aiuta. Se poi parliamo di mobilità a zero emissioni, peggio ancora.

Il divario è considerevole, soprattutto con Germania (+26%), Regno Unito (+20%), Spagna (+14%) e Francia (+11,5%). Gli altri rinnovano, noi aspettiamo. E il parco auto invecchia. L’UNRAE suona la sveglia: serve una riforma fiscale. Altrimenti, dubita sia possibile risalire la china.

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